Libri per notti senza luna

Io ero e sono rimasto amico di Franti: se mi guardo allo specchio vedo un fanzinaro rancoroso ed invecchiato male che racconta solo il suo punto di vista incolto sulle cose, ben consapevole e fiero che sia una visione parziale. La mia parola, il mio suono sono robaccia appena degna di un sopravvissuto che ritorna dall’ultima Waterloo: molto sforzo, parecchia puzza, male ai piedi e poca fortuna. Ogni tanto capita che sulla strada incontro un’altra bestia che mi si avvicina e scodinzola: ci si riconosce, mi avvicino curioso anch’io, annuso per capire se e cosa, magari va a finire che rispondo con la coda. Poi magari ci si parla e ci si conosce meglio, magari si fa un pezzo di strada insieme. Magari va a finire che ci si sostiene. Ecco uno di questi incontri.

Si muove come fosse alla ricerca di pagliuzze d’oro nel torrente che scorre appena dietro casa, il microeditore abruzzese More Nocturne Books (www.morenocturne.com, anche via fb): mescola speranza infinita ad altrettanto sconfinata testardaggine. Non so se fa bene o se fa male: io so che fa, capisco questo. Dici niente. Ha pubblicato quasi una decina di titoli ispidi (altri sono per strada, arriveranno), alcuni proprio ringhiosi ed inadatti a essere ingabbiati negli scaffali di una repubblica civile – e comunque è roba ignobile che non merita trafiletti sulle riviste di settore.

Carmelo è uno che resiste. Ce la mette tutta. Uno che non si riscalda, pelo ormai lungo attorno a stomaco e cuore, al falò delle promesse disattese. La sua storia di per sé nasce sbagliata: ragazzo giovane che studia con profitto e riesce ad aprire una piccola libreria indipendente all’Aquila. Poco dopo arriva un terremoto qualsiasi che oltre a spezzargli le ali gli mette un cappio di debiti attorno al collo. Mica facile rimettere insieme un po’ di speranza dai sogni andati in frantumi sotto le travi, mica facile rimettere insieme un po’ di magazzino: in mezzo a calcinacci e polvere tutto sommato si sopravvive, più difficile riempire delle bugie ufficiali i buchi dentro. Il ragazzo però ci riesce, dieta rigorosa di bestemmie prima dopo e durante i pasti, notti agitate. La sua storia ha una coda breve: un trasloco altrove, la poca luce di un inizio nuovo sebbene nel mondo la primavera tardi ad arrivare causa pandemia. Mi impressionano i suoi occhi di lupo, come ci fosse dietro un incendio. I libri non ve li racconto, ma di qualcuno vi faccio una lista breve.

Quella di Sergio è una storia di quelle che nella vita reale capitano agli altri. Da bambino la mamma lo affida a uno psicologo per correggere il suo comportamento effeminato. Il libro, un monologo teatrale che mi immagino claustrofobico e a tinte brune, è il racconto del suo crescere divenuto una costante e faticosa lotta per riappropriarsi della propria personalità e dei propri desideri. Anno dopo anno punteggiato da piccole vittorie e devastanti sconfitte, ora Sergio è un adulto convinto di essere guarito. Sul palco e nel libro cercherà di dimostrarlo, ma scritto a bassa voce stando bene attenti a non nascondere le parole. (“Sissy Boy” di Franca De Angelis – 96 pag., 10€).

Più avanzo nella lettura più questa fantascienza mi sembra sempre meno tale. Senza orologi né calendari, senza cicli di luna e sole, a me sembra un domani tutto sporco di oggi perché, proprio come dice Carmelo, non c’è fuga dai propri ricordi e dal proprio passato. Questi sono racconti con troppo poca luce: spesso servono le mani per capire come sono fatte le facce, serve appoggiarle a terra o addosso a chi parla per decifrare suoni gorgoglii e vibrazioni. Pagine che si fa fatica a voltare tanto sono dense di malessere, di incubi costruiti coi ricordi, di visioni, bugie, speranze tagliate corte – ancora. (“Veglie Artificiali” di Maximiliano Sanvitale – 120 pag., 10€)

Se non fosse per una playlist fatta di musiche inventate dopo, perché per dire soldi si parla di euro e ci sono disegnati un telefonino e un televisore maxischermo, oggetti indiscutibilmente appiccicati a date recenti, sembrerebbe una di quelle cose che giravano sui banchetti di Stampa Alternativa tipo quarant’anni fa. Uno di quei libretti autoprodotti con dentro storie fatte mischiando testo e disegni – erano cose semplici ma non banali, alla buona senza essere stupide, stampa povera o ciclostile. Un libretto di quasipoesie incollate sulle tavole a danzare coi disegni, addirittura con due finali – quello della storia ed una coda nel presente e nella vita reale. Una dimostrazione pratica che per essere creativi non è necessario essere ricchi ma serve avere un cuore grande, e che non é cambiato granché da allora. (“Nella pancia dello squalo” di Massimo Gianvito – 36 pag., senza indicazione di prezzo)

Pensa te se Edgar Lee Masters fosse nato cent’anni dopo vicino a Teramo, o a Sulmona, o in un paesetto che ha messo radici in fianco a quella strada che dalla costa porta al Gran Sasso. Pensa se si fosse messo a raccontare la Spoon River di quelli rimasti sotto le macerie. Non necessariamente quelle del terremoto, dico anche quelle altre pure distruttive causate dai brutti incontri che ti scarica addosso la vita. Tipo quelli che comandano, quelli che hanno capito tutto, quelli che te li ritrovi a benedire alle fiere del bestiame e ad annoiare nei salotti, piazzati dentro le vetrine e le televisioni e i social media a mietere consenso. Così vestiti coi vestiti giusti, a sbandierare passati remoti e a gonfiarsi di futuri a venire tazza di tè in mano col mignolo alzato. Oh, la carineria dei loro codici a barre e la plastica delle barriere a norma dietro cui piazzano i loro galoppini. Una volta o l’altra vi cadrà lo sguardo, poi i denti, poi il respiro. (“Abruzzo apocalittico” di Maurizio di Battista – 190 pag., 10 €).

Marco Pandin

stella_nera@tin.it

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